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Sottoposto a peer review

L’ambiguità della musica in Jonathan Harvey: l’autopoietica del processo compositivo a confronto con l’immagine spettrale del suono

Luigi Manfrin

Nuove Musiche Numero 4 - 2018, pagine: 85-122
DOI 10.12871/97888333922574 | @ Pisa University Press 2019
Pubblicato: 20 ottobre 2019


Abstract

L’idea di ambiguità costituisce il punto centrale delle riflessioni di Jonathan Harvey sia sulla musica in generale, sia sulla propria pratica compositiva. Il musicista inglese, infatti, ha individuato nell’ambiguità il criterio per stabilire la diramazione tra «good music», «banal music» e «chaotic music». Se una musica è di qualità, è perché in essa vi sono complessità e sottigliezza, ossia qualcosa di singolarmente ambiguo. Tuttavia, in Harvey la nozione di ambiguità è profondamente legata all’idea di musica spirituale tramite una rilettura dell’antica filosofia buddista della scuola Madhyamika. Alla base di questa originalissima commistione tra musica, ambiguità e meditazione buddista, vi è stata l’assimilazione da parte di Harvey delle conoscenze sviluppate dall’acustica contemporanea sul timbro, nonché delle sue ripercussioni sulla scrittura musicale. Ci prefiggiamo, pertanto, di approfondire la nozione di ambiguità sviluppata da Harvey, mettendola a confronto con le diverse applicazioni che questa tematica ha ricevuto da altri compositori legati anch’essi, in modi diversi, al lavoro sul timbro.


Keywords

Spettralismo - ambiguità - autopoietica - Jean-Claude Risset - Gérard Grisey

Percorso di valutazione

Peer reviewed. Certificazione della qualità


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